2016 Gemma Ray The Exodus Suite
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Metti una sera a cena del '67 o '68 - non troppo prima e non troppo dopo - in cui Nancy Sinatra, Grace Slick e Nico si trovano insieme e si
Gemma Ray la conosco distrattamente come una tipica indie-songwriter dei nostri tempi. Incide troppo ma con una sua passione per certo pop 50s e 60s che la rende più simpatica, meno svenevole e angelicata di tante sue colleghe, ma che - per quel che ho sentito - non le leva di dosso un certo gusto caramelloso un po' da carie.
Questo album mi sembra una novità nella sua discografia, a cominciare dalla bella copertina streghesca. Atmosfere generalmente cupe, ma senza la monocromia del dark, misteriose, ma non depresse. Pur costruita su canzoni ben scritte e ben distinte (per quanto abbastanza simili) sembra davvero una lunga suite con suoni e soluzioni sonore che si ripetono brano dopo brano. Continuando con ipotetici e impossibili incroci, è come se "The End" dei Doors e "Bang Bang" della Sinatra fossero state fuse insieme e dilatate allo stremo. Non ne esce, per fortuna, musica estrema, diciamo che siamo circa dalle parti della Lana Del Rey meravigliosamente estenuante di "Honeymoon", con meno talento melodico, ma con quasi altrettanta capacità evocativa.
E insomma, se siete di quelli che fanno carico alla musica del fatto che avete la noia facile lasciate perdere. Se cercate delle atmosfere da... boh... thriller noir ambientato nel mondo del surf? provate a darci un ascolto.